Le persone parlano volentieri delle loro esperienze infelici.Me ne accorgo quotidianamente.Parlarne è un sollievo,una specie di psicanalisi spicciola.Ma una cosa ho imparato:se ne parlano e quasi si crogiolano nel ricordo allora quell’esperienza non è stata realmente brutta.Si raccontano solo i fatti metabolizzati,quelli che si riesce a gestire senza problema.Di quelli che portiamo tatuati nell’anima non parleremmo neppure sotto tortura.Sono avvenimenti all’apparenza insignificanti oppure traumatici al punto che non si riesce ad assimilarli,a superarli.Di quelli insignificanti bisognerà andare a caccia con pazienza e da mille indizi verrà fuori qualcosa che era stato sepolto in qualche angolo della nostra memoria.Quelli che invece ricordiamo sin troppo bene si può solo cercare di accettarli.Ho conosciuto persone scampate ai campi di concentramento nazisti,reduci di guerra,persone incarcerate in Bolivia:in comune uno sguardo vitreo ed un silenzio che urlava.
Vi spiego le cose ovvie...datemi solo il tempo di capirle
giovedì 14 agosto 2008
Senza filtro
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