Vi spiego le cose ovvie...datemi solo il tempo di capirle

sabato 26 settembre 2009

Heading on down with the light, the dust in your way







Quando sono all'estero mi capita di leggere molti più quotidiani del solito,praticamente tutti quelli che riesco a trovare.Mi sono imbattuto in un'intervista su"La Stampa"che ho giudicato un punto di vista interessante.Poi ho ritrovato il medesimo pezzo nell'edizione online:meno male,la fatica di doverlo riscrivere parola per parola era scongiurata.

-------------------------------------------------------------------------------------------------

Il politologo francese: «Il sistema è in mutazione, ma non siamo agli Anni Venti, il fascismo non è alle porte»

CESARE MARTINETTI


TORINO
E’ un momento duro, difficile, «l’immagine dell’Italia è indebolita, ma non siamo negli Anni Venti, il fascismo non è alle porte, la società italiana è vitale e democratica». Marc Lazar è ottimista. Politologo, professore a Sciences-Po, uno dei santuari dell’intellighenzia Parigi - La Stampa - 20/9/2009 - INTERVISTA


Marc Lazar: "Berlusconi e Sarkozy,la democrazia del leader"

Il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier italiano Silvio Berlusconi.Il politologo francese: «Il sistema è in mutazione, ma non siamo agli Anni Venti, il fascismo non è alle porte»


CESARE MARTINETTI


TORINO


E’ un momento duro, difficile, «l’immagine dell’Italia è indebolita, ma non siamo negli Anni Venti, il fascismo non è alle porte, la società italiana è vitale e democratica». Marc Lazar è ottimista. Politologo, professore a Sciences-Po, uno dei santuari dell’intellighenzia parigina, Lazar è tornato in Francia dopo due anni vissuti in Italia dov’è tuttora docente alla Luiss. In quest’intervista riflette sulla situazione politica del nostro paese a partire dall’editoriale di Gian Enrico Rusconi sulla Stampa di martedì «Anche questa è democrazia».

Professor Lazar, pure lei pensa che la democrazia italiana sia in mutazione, come ha scritto Rusconi?
«Sì, in mutazione, come molte altre democrazie. L’Italia non è un caso anomalo. Si è verificata l’ascesa di quella che noi politologi chiamiamo la democrazia dell’opinione o del leader. Più di prima sono importanti i personaggi. I partiti non sono scomparsi, ma appaiono molto indeboliti come le tradizionali culture politiche. Gli elettori sono volatili, incerti. La televisione e Internet forniscono un’informazione continua che tiene i politici sotto pressione, ogni decisione viene presa nell’emergenza».

Chi è un leader?
«Qualcuno che sa farsi vedere, riconoscere, è uno che sa parlare direttamente al popolo. Ha una democrazia semplice, con una componente populistica. Prendiamo due campioni di questa stagione, Berlusconi e Sarkozy, hanno molti tratti comuni, entrambi hanno fondato il loro discorso sulla critica delle tradizionali élite politiche e sulla trasformazione del sistema».

Una tendenza che ha contagiato anche le sinistre europee che appaiono tutte in crisi?
«Hanno anche loro un problema comune: adattarsi a questo modello di democrazia, trovare il leader giusto. E sono in difficoltà perché è un modello che più si adatta alla destra perché si fonda sul principio di autorità».

Quali sono le altre caratteristiche della democrazia italiana?
«C’è un diffuso sentimento di anti-politica, una caduta di fiducia nei confronti degli uomini politici: si usa dire che sono tutti uguali, tutti corrotti. In Italia questo sentimento è più forte che altrove».

Si direbbe che la democrazia classica non funzioni più. È così?
«Io credo che la democrazia della rappresentanza sia in difficoltà, ma non sia morta. In ogni paese si cercano soluzioni. Per esempio le primarie italiane del Partito democratico sono state un modello molto studiato. E poi cresce la voglia di controllare i politici. Ci sono state grandi mobilitazioni contro la guerra, c’è un grande fermento associativo e di volontariato, lo si è visto in occasione del terremoto».

Però la democrazia italiana appare debole e secondo molti totalmente condizionata dalla televisione. Lei che ne pensa?
«Io non credo che l’Italia sia anestetizzata dalla tv e non penso che la democrazia italiana sia in pericolo. Ci sono delle ragioni storiche di debolezza, diciamo che in Italia la democrazia è più recente che in Francia o Gran Bretagna. È un dato che pesa nella coscienza collettiva, ma ultimamente si sono fatti enormi progressi».

Scendiamo al concreto del confronto di attualità: ci sono punti comuni tra il premier italiano e il presidente francese?
«L’uomo Berlusconi ha molti punti in comune con Sarkozy, ma anche alcune specificità come il conflitto di interessi. Un’anomalia pericolosa che non significa fascismo, ma provoca tensione».

Ma sul piano dell’informazione vede molte differenze?
«Sarkozy non è il proprietario ma ha tendenza a controllare le televisioni, da questo punto di vista la Francia non può certo dare lezioni all’Italia. E non dimentichiamo che un direttore di giornale è stato licenziato su richiesta del presidente, ci sono state denunce e scontri tra lui e i giornali. Il modello in questo campo semmai è l’Inghilterra. In questo momento in Italia c’è però una tensione sull’informazione che non si verifica in altri paesi. Il premier è proprietario editoriale e di televisioni. In questo il caso italiano è unico».

Lei vede un’evoluzione nelle relazioni tra i due paesi?
«Il rapporto tra Italia e Francia è solido sul piano economico e nella tradizione delle relazioni tra le due amministrazioni. Per il resto l’immagine dell’Italia è indebolita, non c’è dubbio. Pesano la questione Berlusconi, le polemiche, l’incertezza sul futuro. Come professore di Sciences-Po posso dirle che fino a due anni fa molti nostri studenti chiedevano di venire in Italia a fare l’anno obbligatorio all’estero. Ora molti meno».

A causa di un giudizio negativo su Berlusconi?
«Con significative eccezioni. Per esempio il lavoro fatto dal governo al G8 dell’Aquila è stato riconosciuto e apprezzato. Tuttavia in Francia pesa il modo schematico in cui i media riportano le polemiche politiche italiane. C’è interesse, ma l’informazione è un po’ banalizzata. La domanda che mi sento rivolgere più spesso è: come possono gli italiani votare per Berlusconi?».

E lei come risponde?
«Che in un paese in preda a una crisi fortissima, dove erano crollati i riferimenti classici, Berlusconi ha saputo affermare la sua forza di leader, anche come uomo di Stato per quanto diverso dagli altri. Ha espresso un’egemonia culturale e io considero questa una grande lezione del berlusconismo. Ha saputo tenere insieme coppie di valori che sembrano opposti: liberismo-protezionismo, conservazione-innovazione ecc. Approfittando dell’incapacità del centrosinistra, ha saputo essere il cemento di un blocco sociale in cui ci sono i forti e i deboli, gli integrati e gli esclusi: imprenditori, commercianti, gli impauriti da immigrazione, globalizzazione, Europa. Lui ha saputo incarnare tutto questo persino nell’aspetto fisico».

Gli ultimi mesi sono stati segnati dalle rivelazioni sulla sua vita privata. Quanto hanno pesato sulla sua immagine pubblica?
«Lo hanno messo in difficoltà e sono state la prima vera frattura. L’ha pagata nell’elettorato cattolico e si è visto molto nettamente nelle elezioni di primavera. Ma lui ha saputo giocare la sua carta preferita, quella del rovesciamento. Ha detto: non sono un santo. I molti italiani che peccano come lui possono averlo capito».

Lei crede che queste rivelazioni possano condizionare il suo futuro di leader?
«Sappiamo che l’uomo, quando sembra in difficoltà, sa risalire. La battaglia gli piace, è il suo vero terreno. Ha ancora tre anni di legislatura, non vedo proprio chi possa metterlo in difficoltà. Come si dice in francese, dalla foresta non è uscito nessuno in grado di contestare la sua leadership. Gianfranco Fini sta prendendo un appuntamento con il futuro. Ma per il momento non vedo alternative a Berlusconi».

na, Lazar è tornato in Francia dopo due anni vissuti in Italia dov’è tuttora docente alla Luiss. In quest’intervista riflette sulla situazione politica del nostro paese a partire dall’editoriale di Gian Enrico Rusconi sulla Stampa di martedì «Anche questa è democrazia».

Professor Lazar, pure lei pensa che la democrazia italiana sia in mutazione, come ha scritto Rusconi?
«Sì, in mutazione, come molte altre democrazie. L’Italia non è un caso anomalo. Si è verificata l’ascesa di quella che noi politologi chiamiamo la democrazia dell’opinione o del leader. Più di prima sono importanti i personaggi. I partiti non sono scomparsi, ma appaiono molto indeboliti come le tradizionali culture politiche. Gli elettori sono volatili, incerti. La televisione e Internet forniscono un’informazione continua che tiene i politici sotto pressione, ogni decisione viene presa nell’emergenza».

Chi è un leader?
«Qualcuno che sa farsi vedere, riconoscere, è uno che sa parlare direttamente al popolo. Ha una democrazia semplice, con una componente populistica. Prendiamo due campioni di questa stagione, Berlusconi e Sarkozy, hanno molti tratti comuni, entrambi hanno fondato il loro discorso sulla critica delle tradizionali élite politiche e sulla trasformazione del sistema».

Una tendenza che ha contagiato anche le sinistre europee che appaiono tutte in crisi?
«Hanno anche loro un problema comune: adattarsi a questo modello di democrazia, trovare il leader giusto. E sono in difficoltà perché è un modello che più si adatta alla destra perché si fonda sul principio di autorità».

Quali sono le altre caratteristiche della democrazia italiana?
«C’è un diffuso sentimento di anti-politica, una caduta di fiducia nei confronti degli uomini politici: si usa dire che sono tutti uguali, tutti corrotti. In Italia questo sentimento è più forte che altrove».

Si direbbe che la democrazia classica non funzioni più. È così?
«Io credo che la democrazia della rappresentanza sia in difficoltà, ma non sia morta. In ogni paese si cercano soluzioni. Per esempio le primarie italiane del Partito democratico sono state un modello molto studiato. E poi cresce la voglia di controllare i politici. Ci sono state grandi mobilitazioni contro la guerra, c’è un grande fermento associativo e di volontariato, lo si è visto in occasione del terremoto».

Però la democrazia italiana appare debole e secondo molti totalmente condizionata dalla televisione. Lei che ne pensa?
«Io non credo che l’Italia sia anestetizzata dalla tv e non penso che la democrazia italiana sia in pericolo. Ci sono delle ragioni storiche di debolezza, diciamo che in Italia la democrazia è più recente che in Francia o Gran Bretagna. È un dato che pesa nella coscienza collettiva, ma ultimamente si sono fatti enormi progressi».

Scendiamo al concreto del confronto di attualità: ci sono punti comuni tra il premier italiano e il presidente francese?
«L’uomo Berlusconi ha molti punti in comune con Sarkozy, ma anche alcune specificità come il conflitto di interessi. Un’anomalia pericolosa che non significa fascismo, ma provoca tensione».

Ma sul piano dell’informazione vede molte differenze?
«Sarkozy non è il proprietario ma ha tendenza a controllare le televisioni, da questo punto di vista la Francia non può certo dare lezioni all’Italia. E non dimentichiamo che un direttore di giornale è stato licenziato su richiesta del presidente, ci sono state denunce e scontri tra lui e i giornali. Il modello in questo campo semmai è l’Inghilterra. In questo momento in Italia c’è però una tensione sull’informazione che non si verifica in altri paesi. Il premier è proprietario editoriale e di televisioni. In questo il caso italiano è unico».

Lei vede un’evoluzione nelle relazioni tra i due paesi?
«Il rapporto tra Italia e Francia è solido sul piano economico e nella tradizione delle relazioni tra le due amministrazioni. Per il resto l’immagine dell’Italia è indebolita, non c’è dubbio. Pesano la questione Berlusconi, le polemiche, l’incertezza sul futuro. Come professore di Sciences-Po posso dirle che fino a due anni fa molti nostri studenti chiedevano di venire in Italia a fare l’anno obbligatorio all’estero. Ora molti meno».

A causa di un giudizio negativo su Berlusconi?
«Con significative eccezioni. Per esempio il lavoro fatto dal governo al G8 dell’Aquila è stato riconosciuto e apprezzato. Tuttavia in Francia pesa il modo schematico in cui i media riportano le polemiche politiche italiane. C’è interesse, ma l’informazione è un po’ banalizzata. La domanda che mi sento rivolgere più spesso è: come possono gli italiani votare per Berlusconi?».

E lei come risponde?
«Che in un paese in preda a una crisi fortissima, dove erano crollati i riferimenti classici, Berlusconi ha saputo affermare la sua forza di leader, anche come uomo di Stato per quanto diverso dagli altri. Ha espresso un’egemonia culturale e io considero questa una grande lezione del berlusconismo. Ha saputo tenere insieme coppie di valori che sembrano opposti: liberismo-protezionismo, conservazione-innovazione ecc. Approfittando dell’incapacità del centrosinistra, ha saputo essere il cemento di un blocco sociale in cui ci sono i forti e i deboli, gli integrati e gli esclusi: imprenditori, commercianti, gli impauriti da immigrazione, globalizzazione, Europa. Lui ha saputo incarnare tutto questo persino nell’aspetto fisico».

Gli ultimi mesi sono stati segnati dalle rivelazioni sulla sua vita privata. Quanto hanno pesato sulla sua immagine pubblica?
«Lo hanno messo in difficoltà e sono state la prima vera frattura. L’ha pagata nell’elettorato cattolico e si è visto molto nettamente nelle elezioni di primavera. Ma lui ha saputo giocare la sua carta preferita, quella del rovesciamento. Ha detto: non sono un santo. I molti italiani che peccano come lui possono averlo capito».

Lei crede che queste rivelazioni possano condizionare il suo futuro di leader?
«Sappiamo che l’uomo, quando sembra in difficoltà, sa risalire. La battaglia gli piace, è il suo vero terreno. Ha ancora tre anni di legislatura, non vedo proprio chi possa metterlo in difficoltà. Come si dice in francese, dalla foresta non è uscito nessuno in grado di contestare la sua leadership. Gianfranco Fini sta prendendo un appuntamento con il futuro. Ma per il momento non vedo alternative a Berlusconi».

Lei crede che la democrazia italiana saprà sopravvivere a questa crisi?
«Sì, non siamo sull’orlo del fascismo, non siamo negli anni Venti. Una svolta autoritaria come allora sarebbe insopportabile. Non siete minacciati, la società ha una grande vitalità, avete superato tante crisi, è un momento duro, intenso, ma io sono ottimista, anche perché, come diceva Brecht, il popolo non si può sciogliere».

-------------------------------------------------------------------------------------

Un'analisi distaccata ma lucida,probabilmente quello che resterà di questi anni quando le polemiche si saranno depositate sul fondo della bottiglia.Dimenticavo:in Spagna gli italiani sono giudicati in base a come si comportano,almeno dalle persone intelligenti.Degli altri non mi preoccupo,non preoccupatevene neppure voi.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che anche noi dovremmo imparare a distinguere bene tra le parole e i fatti.....poi a ciascuni la sua opinione...non credi?
io non sono facilmente influenzabile ma come spesso dico sono marziana
ciao e buona anzi ottima permanenza....godersi la vita è la cosa più bella......
carla ftpmtta

Anonimo ha detto...

Sì per venire da un francese l'analisi è piuttosto razionale.
Anche a me hanno spesso chiesto quando vivevo in Francia come mia Berlusconi veniva eletto ma ho capito il perché con il tempo.
La Francia in realtà è socialista e di sinistra come pochi altri paesi. Credo che sia un paese comunista travestito e lo dimostra il modo in cui trattano i problemi sociali, la scuola, le religioni. E' più che normale che la stampa attacchi un leader di destra.

Censorina ha detto...

Hai fatto molto bene a postare questa intervista che non avevo letto. Concordo sul fatto che sarà quasi sicuramente quello che resterà quando le polemiche si saranno fermate sul fondo. Ciao Roberto.

Zelda ha detto...

grazie di averla postata , essendo acquirente de 'La Stampa'l'avevo letta;hai fatto bene a metterla in risalto.
Non sono all'estero...ma , nonostante lo sbandierato declino della stampa cartacea, sono in un periodo nel quale mi viene da prendere due o tre giornali....la cosiddetta messa laica, no?!
Ciao, Roberto

il mio nome è mai più ha detto...

Ti dirò: non mi sono mai sentita in pericolo, nonostante buona parte della stampa e buona, anzi buonissima parte della rete urlino, un giorno sì e l'altro pure, ad un ritorno del fascismo.
Certi periodi storici sono morti e non tornaeranno più.
Credo che questa lunga fase dia una sorta di adeguamento al mutare dei tempi, e della società.
Berlusconi ha saputo cavalcare l'onda, ma niente è eterno.
Sono certa che la democrazia non sia in pericolo.

Lanza ha detto...

@Carla:qui tutte le opinioni sono ben accette.Credo che il confronto sia una delle opportunità della rete.In effetti non avere orari nè spiacevoli impegni è molto piacevole.

@Enrica:ho sempre pensato che i francesi fossero sulla"rive gauche".Qui invece sono in prevalenza gli imprenditori a manifestare solidarietà a Berlusconi.Del resto anche da noi Confindustria,che non lo ha mai amato,si è sempre astenuta da critiche non strettamente legate all'operato del Governo.

@Censorina:cara Paola,per una volta che leggo qualcosa di sensato ho pensato di fargli un pò di pubblicità.

@Zelda:si attraversano a volte periodi nei quali la carta stampata diventa quasi una necessità.Probabilmente sostituisce qualcosa,o no?

Enne:analisi lucida ed impeccabile come al solito.Potrei averla scritta io,molto peggio naturalmente.

gians ha detto...

Una botta di ottimismo, specie se arriva da fonti equidistanti non fa mai male. Non ho mai pensato che il nostro paese sia sull'orlo di un nuovo totalitarismo, ma a scimmiottarne le sembianze l'attuale governo ci mette davvero poco. ;) grazie Caro Lanza.

emma ha detto...

non ne sono certa, le analisi sono sempre basate su elementi di partenza che non sempre sono tutti, non sarebbero analisi, altrimenti.
il buonismo e il godiamoci la vita e non siamo negli anni venti non mi tranquillizzano affatto.
i pericoli ci sono ma quelli veri non li dicono.
non tremo per il fascismo ma per cose ben piu` serie.
grazie per la segnalazione.

Lanza ha detto...

@Gians:abbiamo bisogno di avere fiducia nella gente di questo Paese.

@Emma:queste tue parole mi incuriosiscono.Ora se non ti spiace dimmi tutto:democrazia tipo Singapore o islamizzazione o altro ancora?

il mio nome è mai più ha detto...

Troppo buono, Lanza (posso chiamarti Roberto anch'io?).
Sono lucida, ma ultimamente perdo colpi. :|

Lanza ha detto...

@Enne:certo che puoi chiamarmi Roberto.Oltretutto devo farmi perdonare quel gigolò del commento:)
Spero tu abbia visto l'intenzione buona dietro un'uscita da dimenticare.
PS - Naturalmente per evitare dialoghi surreali d'ora in poi ti chiamerò Nicoletta.Un nome che ho portato nel cuore per un periodo della mia vita e che ancora oggi mi provoca una piccola fitta.Ma dura solo un attimo.

 
Clicky Web Analytics